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IL VERO SIGNIFICATO DEL FARE
Viviamo spesso con un’urgenza dentro: devo fare qualcosa, devo trovare una soluzione, devo agire subito. Ma non tutti i problemi richiedono un’azione immediata. Anzi, nella maggior parte dei casi, serve prima fermarsi. Osservare. Comprendere.
Fare, se nasce dalla confusione, dall’ansia o da una spinta emotiva non equilibrata, rischia di creare più danni che soluzioni.
Pensiamo a quando agiamo per senso di colpa, per dovere, per impulso, per “non stare fermi”: è un fare meccanico, quasi automatico. È come quel ragazzo che aiuta una vecchietta ad attraversare la strada… anche se lei non voleva attraversarla. Finisce dall’altra parte senza volerci andare, confusa, in mezzo al traffico, mentre lui si allontana convinto di aver fatto del bene. Quante volte, anche noi, convinti di “fare la cosa giusta”, finiamo per aggiungere disordine?
L’altruismo, quando è solo una risposta automatica o nasce da un nostro bisogno inconscio, può diventare cieco. Serve presenza, lucidità, discernimento. Solo così il fare si trasforma in qualcosa di realmente utile.
Esiste un modo diverso di agire. Un fare cosciente. Non nasce dalla fretta, ma dalla chiarezza. Non viene da una reazione, ma da una comprensione profonda. A volte, basta fermarsi anche solo per pochi secondi, fare silenzio dentro, per vedere ciò che prima era confuso. È lì che arriva l’azione giusta. Quella che non nasce dal caos, ma dalla presenza. Quella che non aggiunge rumore, ma porta equilibrio.
Ma prima ancora di capire cosa fare, serve qualcosa di ancora più essenziale: bisogna essere.
Essere presenti, nel corpo, nella mente, nel cuore. Sentirsi uno. Quando siamo disconnessi, quando entriamo in ansia, rabbia o paura, è come se dentro di noi ci fossero tante piccole parti che si muovono ognuna per conto proprio. Ci frammentiamo. E ogni frammento prende un pezzo della nostra energia.
Hai mai notato cosa succede quando perdi il centro? La mente corre, le emozioni si agitano, il corpo si indebolisce. È come avere una classe piena di bambini senza insegnante: ognuno urla, corre, si distrae. E tu perdi forza, lucidità, stabilità.
In realtà, finché tutto va bene, sembra che siamo “uno”. Ma basta un problema, un imprevisto, un attrito… e ci rendiamo conto di quanto siamo dispersi.
Immagina ora, invece, di trasformare quelle parti in una sola grande sfera: compatta, stabile, centrata. Una sfera che può ricevere urti, ma non si frantuma. Questa è la forza di chi ha sviluppato il proprio centro di gravità interiore.
Non si tratta di diventare perfetti, ma di imparare ad esserci, a riconoscere quando ci stiamo perdendo, a tornare. Perché solo quando sei lì, presente, "uno" dentro...
Allora sì, puoi fare davvero qualcosa - e farlo bene.
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